Sciegliamo natura e suoni per il nostro quotidiano

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Anni fa la madre di un’amica che era venuta a trovare la figlia, mia vicina all’Osho Village un luogo isolato del senese, immerso in un bosco immenso, abitato principalmente da  animali selvatici. Dopo la prima notte passata qui, mi disse di non essere riuscita a dormire per il troppo silenzio. Anzi, più precisamente  usò il termine “silenzio assordante”. Abituata ai rumori di Milano che accompagnano la vita quotidiana di chi ci abita il  silenzio intenso della notte nel bosco era stato da lei percepito come assordante.

L’assenza di rumore era vissuto come rumore assordante. questo è un esempio eclatante di quanto l’artificiale modello di vita degli agglomerati urbani porti a delle aberrazioni della percezione, modificando radicalmente il senso del normale andamento della vita. Io le rare volte in cui mi capita di dover dormire in città se non riesco ad avere una stanza nella parte interna della casa o dell’albergo, ho difficoltà ad addormentarmi per via di quello stesso rumore che invece funziona come ninna nanna per la madre della mia amica.

Amici cittadini invece si difendono coi doppi vetri e utilizzando potenti hifi che trasmettono suoni della natura di campagna e di mare. E questo è il migliore dei casi. Riprodurre artificialmente quello che si è smarrito nel rapporto con la natura perché le persone più sensibili sanno quanto sia importante vivere in una dimensione di vita dove natura e suoni siano presenti.

In questi ultimi anni si sono sviluppate enormemente le associazioni che propongono il trekking, si sono moltiplicati i percorsi a piedi, in bicicletta o a cavallo per sentieri studiati e organizzati da conoscitori del territorio. E’ un movimento, soprattutto quello dei camminatori, che coinvolge decine di migliaia di persone di ogni età che in maggioranza vivono in città ma che hanno sete di un contatto fisico con l’elemento naturale forte che trasmette la montagna o la campagna boschiva. questo è un fatto positivo che spesso coincide col desiderio di ascoltare il suono che la natura ci offre.

Quello che mi affascinava nei primi anni in cui sono venuto a vivere in campagna erano le passeggiate notturne nel bosco che circondava la Comune di Osho Miasto dove ero venuto a vivere. quel silenzio rotto a volte dai suoni gutturali degli uccelli notturni o talvolta dalle non armoniche confabulazioni di branchi di cinghiali o daini. Infatti il suono della natura non sempre è armonico.

Non sempre si ascolta il canto degli uccellini o il fruscio delle frasche. A volte i suoni che ascoltiamo sono specchio di una natura che sappiamo quanto possa essere cruda e inquietante ma non per questo per me meno affascinante. Danno emozioni perché trasmettono i palpiti di tanti esseri viventi che abitano i boschi come dà emozione anche la pioggia torrenziale e il vento che abbatte gli alberi secchi. Questa cultura innamorata della natura e dei suoni che le appartengono, ha ispirato tanti musicisti nel creare opere di grande spessore.

Nella pagine di questo numero troverete esperienze straordinarie come quella degli amici di Damanhur con la loro sinergia particolare nel cogliere la musica delle piante o come il ventennale lavoro di un musicista come Walter Maioli che ebbi la fortuna di conoscere organizzando i festival di Renudo negli anni ’70 e che poi ha intrapreso il cammino della ricerca tra natura e cultura popolare. Ma penso anche ai tanti che non sono qui presenti come quei musicisti che usano strumenti sonori trovati in natura come foglie, pietre, zucche, canne, cristalli e altro, dando vita a veri e propri concerti di suoni naturali.

Senza togliere valore e funzione alla musica rock e ai numerosi generi musicali che ne sono derivati che possiamo, semplificando, definire di tipo catartico. Tutto ha un senso e una funzione nella musica. Forse si tratta solo di dare più attenzione alla musica che la natura ci offre rispetto quella creata dalle passioni degli artisti. Viviamo un tempo in cui di natura si parla molto come tema politico “in difesa della natura” o in occasione di tragedie causate da catastrofi “naturali”, dove le virgolette stanno ad evidenziare le responsabilità umane nella mancata protezione del territorio.

L’invito che questo numero di ReNudo vuole trasmettere è quello di dare più spazio e soprattutto più ascolto a quello che la natura ci offre. Dedicare più tempo nel nostro quotidiano a entrare anche solo per un attimo in empatia con quello che la natura ci offre. Nella mia esperienza in campagna dove lavoro mediamente dieci ore al giorno in ufficio, è che mi basta fare quattro passi nel bosco circostante o a volte uscendo dalla redazione o da casa anche solo alzare lo sguardo nella notte fonda e ascoltare l’ululato dei lupi che finalmente stanno tornando o il messaggio sonoro di qualche altro abitante a quattro zampe. Anche questo aiuta a vivere meglio.

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