Io, noi e Gaber

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Il docufilm di Riccardo Milani, sulla vita di Giorgio Gaber

Avete visto “Io, noi e Gaber “? Se l ‘avete perso, potete vederlo su Rai play. Splendido. Riccardo Milani è davvero un bravissimo regista, non a caso pluripremiato anche con un Donatello, e ha costruito, insieme alla figlia di Gaber, che ha dato un grande contributo, un film difficilissimo per la complessità della figura di Giorgio ed è riuscito a rappresentare il 99% di Gaber pur privilegiando il Gaber artista rispetto il Gaber pensatore. Mi ha lasciato un filo perplesso anche il privilegiare testimonials più popolari e famosi, che magari ebbero rapporti sporadici con Gaber rispetto persone che hanno scritto libri documentati su di lui, che hanno una maggiore conoscenza della persona. Ma torniamo a quel 99%.
Manca quell’1% a cui voglio dedicare queste righe per una ‘omissione a mio avviso voluta, per un’ottica culturale precisa. E mi dispiace. Anche perché riguarda la componente culturale che ho rappresentato negli anni ’70. Vediamo.
L ‘unico riferimento indiretto al festival di renudo al Parco Lambro sono un paio di anonime immagini di ragazzi coi capelli lunghi sul prato del festival a far da commento al riflusso del movimento del’68 col brano di quando moda è moda. Amplificato poi da una battuta di Bersani sull’ India. Eppure Gaber aveva definito la partecipazione alla serata finale del festival di renudo del 1975 davanti ai centomila, ” l’esperienza più emozionante della mia vita.” come mi disse e scrisse Paolo Dal Bon. Perché questa omissione?
Unica esperienza perché Gaber non aveva mai voluto partecipare a eventi di massa, scegliendo solo e sempre i teatri. lo dovevano sapere visto tutta l ‘accurata documentazione che traspare nel film.
Altra scelta culturale e’ stata limitare il riferimento al rapporto di Gaber col movimento degli anni ’70 rappresentato nel film, unicamente da Mario Capanna. Eppure difficile non abbia potuto sapere che Gaber a un Gad Lerner sorpreso, disse, durante l’ intervista, che un suo importante punto di riferimento per lui ero io. per la componente che, nel movimento portava le istanze personali, di genere, della dimensione esistenziale, che Capanna tutto politico, non poteva certo rappresentare.
Terza occasione “mancata ” affiora in un piccolo passaggio a conferma di una scelta ad excludendum che emerge anche con Paolo Dal Bon, Il presidente della fondazione Gaber, che ricorda quando gli fu presentato Giorgio. Già, infatti , guarda caso, avvenne a Milano al centro di Osho Vivek dove Gaber veniva ogni tanto a trovarmi la sera alla sala da tè. Fu lì che Paolo, anche lui saltuario frequentatore, mi chiese se potevo presentargli Giorgio che per lui era un mito.. Un dettaglio certo, ma perché ometterlo se non per evitare di citare una persona che si era deciso di non far comparire?
Non cito il rapporto con ReNudo perché capisco che tutto non si poteva raccontare in un ora e mezza, ma la scelta di omettere anche le citazioni di pochi secondi, riferite agli anni ’70, appare non tecnica o casuale ma proprio politico-culturale. E questo rappresenta una sorta di rimozione di un area culturale che non doveva essere citata. So che qualcuno potrebbe giudicare queste osservazioni come solo cose di “ego “, mi prendo il rischio. D ‘altra parte ho premesso e confermo quanto mi sia piaciuto il film che continuo a suggerirne la visione a tutti. Il fatto che emerga più il Gaber artista sul Gaber filosofo pensatore era forse inevitabile. Ho voluto evidenziare quello che ritengo essere un omissis importante, perchè altrimenti oggettivamente avrebbe potuto apparire a chi qui mi legge, come un mio consenso alla scelta del film nella scelta omissoria della vita di Gaber, soprattutto per l ‘entusiasmo con cui accompagno l ‘invito ad andare a vedere il suo film. Perchè, ribadisco che il film è bello ed è un bene che sia stato fatto e che venga visto, perchè quello che conta più di ogni altra cosa è che emerge la stratosferica statura di questo artista, pensatore, autore, attore,, di una genialità unica. E un essere umano che ha vissuto e trasmesso un pensiero di libertà e cuore. P.s. A proposito dì cuore, segnalo l intervento del figlio di Dalia, Lorenzo Luporini.

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