Potere e Potere

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Generalmente quando si pensa al potere s’intende il potere delle istituzioni, il potere di chi ha responsabilità di decidere per gli altri, il potere inteso come esercizio di una forza spesso associata all’abuso. C’è invece un altro potere che nasce dall’interno  e che si esprime con la crescita evolutiva. E’ il potere personale quello che esprime autorevolezza, centratura, che trasmette un senso di positività. E’ il potere che nasce dalla meditazione e che si può esprimere con le parole o con i gesti o attraverso lo sguardo. Ci sono gesti che possiamo riconoscere anche in discipline strutturate come le arti marziali, il tai chi, le danze sacre di Gurdjieff, dove il susseguirsi dei movimenti crea unasequenza di grande potere e intensità. Questa forma di potere è poco riconosciuta nel modello culturale dominante dove a questa mancanza si supplisce con l’autoritarismo, come ad esempio nell’insegnamento.

Un bravo insegnante esprime una forma di autorevolezza frutto di un potere personale cristallizzato che viene percepita dagli studenti come qualcosa di positivo e che viene rispettata senza alcun bisogno di esprimere minacce, punizioni frutto di un autoritarismo che copre la debolezza e immaturità di chi insegna. Nel mondo olistico invece è il contrario.
La percezione che si ha quando ci si relaziona tra persone che meditano e che hanno sviluppato una maggiore coscienza di se è quella di una comunicazione e di una gestualità non invadente ma carica di presenza. Le parole non sono urlate ma arrivano a comunicare con maggiore forza di chi grida per farsi ascoltare. La violenza verbale copre la mancanza di verità e di forza di chi grida o minaccia.

I due estremi possiamo riconoscerli nel potere e potenza della gestualità dei monaci shaolin che esprimono nelle arti marziali e nel potere violento che viene espresso negli ordini urlati in quegli addestramenti militari in essere tra i marines americani o nelle caserme in generale dove il potere si esprime nelle strutture preposte per ottenere obbedienza cieca.
Dove la persona deve arrivare ad assomigliare più ad un robot che ad un essere senziente. Nei monasteri shaolin o nelle scuole in generale di arti marziali invece si lavora perché la persona arrivi alla comprensione e alla conoscenza di se e dove l’arrendevolezza e la fiducia verso chi ha maggiori responsabilità e conoscenze.
Nelle strutture militari come anche nelle scale gerarchiche si richiede obbedienza cieca. E’ la differenza che esiste tra i Maestri spirituali e i dittatori. Difficilmente ricordiamo un Maestro che urla per farsi seguire.  Anche se dobbiamo riconoscere che anche nel mondo olistico e della ricerca spirituale esiste una forma di potere che si esprime subdolamente nella manipolazione, nel trasmettere sensi di colpa, nel farsi obbedire attraverso il silenzio quando il silenzio non è vuoto ma è carico di tensione e aggressività inespressa. Il nostro mondo non è quindi immune da un esercizio del potere negativo e il riconoscerlo è parte della crescita. Come dice Osho chi cerca il potere è colui che ha dentro di se un profondo senso d’inferiorità.
Chi si trova a gestire il potere nel mondo olistico ha l’occasione di osservare se stesso nell’esercizio delle proprie responsabilità senza fare nulla per dominare.
Gestire il potere senza farsi prendere dal potere.

Questo il grande koan con cui confrontarsi nell’esercizio della responsabilità. Nella vita quotidiana quando costantemente si ha a che fare col potere anche nelle piccole cose, sia nei momenti in cui ci si trova a gestire il potere e sia nei momenti in cui lo si subisca. Ricordo una frase chiave sempre di Osho: “Non fare niente per dominare ma non permettere a nessuno di dominarti. Non interferire nella vita di un altro ma non lasciare che nessuno interferisca nella tua vita”. Se riuscissimo a tenere questa linea di condotta nel nostro processo evolutivo avremmo fatto un grande passo nel prenderci la piena responsabilità di non essere carnefice o vittima ma di essere un individuo. Anche in famiglia e nella dimensione possiamo riconoscere gli stessi meccanismi di potere.
E’ indubbio che i ruoli esistono e hanno una funzione che sarebbe sbagliato cancellare ma il modo in cui si interpretano i ruoli è determinante.

I genitori non possono abdicare al loro ruolo in nome dell’amicizia nei confronti dei figli. Il ruolo del genitore è essenziale, essere amico o amica del figlio o della figlia non può essere sostitutivo.
Se un genitore riesce ad esercitare il suo ruolo educando senza interferire, dando consigli e suggerimenti invece che ordini, riuscendo a riconoscere anche quei momenti difficili in cui è necessario porre dei limiti alla libertà del figlio, possiamo dire  che quel genitore è riuscito ad esercitare la propria responsabilità senza cadere nel facile autoritarismo di chi pretende d’essere obbedito senza se e senza ma con frasi tipo “poi un giorno mi ringrazierai” “ poi un giorno capirai”. L’esercizio del potere in famiglia è uno dei meccanismi più delicati e ovviamente più diffusi e laddove non viene affrontato con consapevolezza, si possono innestare meccanismi a catena devastanti tipo la classica gerarchia della violenza: Il marito nei confronti della moglie che scarica sul figlio che scarica sul gatto… la violenza domestica, uno dei grandi problemi dei modelli sociali in tutto il mondo, è molto più articolata di quello che appare e la base è proprio l’inconsapevolezza o l’incapacità di elaborare i rapporti di potere all’interno. D’altra parte questo è specchio di quelli stessi modelli sociali dove l’amore per il potere offusca il potere dell’amore in ogni ambito relazionale e sociale.

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