La cultura del biologico e la politica

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di Majid Valcarenghi

Scrivo in un clima politico in cui si parla di referendum, amministrazioni di grandi città, i temi trattati sono tanti anche quelli posti per il futuro. Grande assente dal dibattito però è il porsi come obbiettivo politico iniziare un percorso di fuoriuscita dall’agricoltura avvelenata dai pesticidi e la progressiva chiusura degli allevamenti intensivi e/o la loro riconversione in allevamenti con criteri biologici. Questo obbiettivo deve però coniugarsi con un forte calo della domanda da parte del mercato sia dei prodotti da agricoltura inquinata e sia di carne.

I dati statistici parlano di un 20% in meno di acquisto di carni registrato negli ultimi 5 anni e parallelamente un aumento del 30% dell’acquisto di prodotti biologici di vario genere. Questi sono dati importanti da dove si evince che la presa di coscienza per una migliore qualità della vita incomincia ad uscire dalle nicchie alternative o di circuiti privilegiati intaccando anche settori del grande mercato. Questa è una premessa essenziale perché qualche forza politica prenda in considerazione l’inserimento nel proprio programma di forti incentivi per il biologico e la cessazione degli allevamenti di animali sotto tortura.

Perché questo diventi possibile il calo della domanda di prodotti animali dovrebbe arrivare almeno al 50% ma siamo sulla buona strada. Re Nudo come associazione prende l’impegno nel suo piccolo di iniziare una campagna di sensibilizzazione sui due fronti: quello che parla alla politica cioè a chi fa le leggi e quello per far crescere la coscienza del consumatore non vegetariano o vegano perché almeno riduca drasticamente il consumo di prodotti animali orientandosi verso il biologico.

Se facciamo nascere un movimento d’opinione che al di là delle scelte individuali etiche si ponesse l’obbiettivo di sensibilizzare i cittadini a ridurre drasticamente il consumo di prodotti non biologici e il consumo di carne a tutela della propria salute parallelamente diventerebbe possibile ottenere dal legislatore una riforma delle norme che regolamentano agricoltura e allevamenti, e a partire nell’immediato che si controlli il rispetto delle norme vigenti.

Non si tratta di imporre il biologico per legge ma di sensibilizzare l’opinione pubblica da una parte e stimolare la politica ad assumersi la responsabilità di ridurre il danno in termini di salute dei cittadini. Qualcuno dei nostri lettori potrà pensare che questo sia troppo poco e che si dovrebbe osare di più ma dovremmo distinguere il piano legislativo da quello culturale. Come nostra presa di coscienza individuale la grande maggioranza di noi, diciamo, che è più avanti rispetto a questo obbiettivo.

C’è una componente etica soprattutto rispetto al consumo dei prodotti animali che fortunatamente è in crescita. Ma se pensiamo di rivolgerci al grande mercato e quindi all’uomo e alla donna della strada è essenziale individuare quel minimo di obbiettivi che possano davvero essere realizzati da una politica che anche quando non fosse prigioniera e complice del mercato, deve comunque tener conto dell’aspetto occupazionale.

Se nella controversa riforma costituzionale verrà inserito, come pare, il referendum propositivo anche questo strumento potrebbe diventare importante ma nel qui e ora partiamo da noi, attiviamoci sia come associazioni e individui per far nascere un movimento d’opinione per un mondo bio e per la salvaguardia della salute.
Chiediamo ai politici di stanziare maggiori incentivi per favorire la conversione ai criteri biologici dei terreni e degli allevamenti. Parallelamente destinare risorse per un maggiore controllo per il rispetto delle normative europee che vengono regolarmente disattese nella pratica, come il dare uno spazio di vita per ogni singolo animale e la possibilità di avere ore d’aria all’aperto.

Si tratta di fuoriuscire dalla concezione del campo di concentramento come fabbrica di carne per passare ai criteri usati nelle carceri moderne per mantenere in vita i carcerati. Questo significa che al di là delle nuove normative che dovrebbero essere approvate esiste già la possibilità di ridurre il tormento di tanti animali allevati sotto tortura. Su questo è partita una campagna su Facebook promossa da Re Nudo, in cui vi invitiamo a sottoscrivere un appello per chiedere alle forze politiche di inserire nel loro programma questo impegno come precondizione per pensare di avere il nostro voto.

Le elezioni politiche saranno tra uno o due anni ed è il tempo giusto e necessario per far circolare una petizione che faccia valere la nostra forza, i nostri numeri per ottenere qualcosa prima delle elezioni. Non sarà facile perché sono tanti gli interessi in gioco e anche tante sacche di corruzione che coinvolgono i veterinari e chi dovrebbe controllare gli allevamenti. In questo potrebbero avere un ruolo importante le formazioni politiche giovani come il Movimento Cinque Stelle che non ha interessi o lacciuoli territoriali che possano intralciare nella pratica questo obbiettivo.

Ma dopo la trasmissione di Report in cui si è documentato gli orrori perpetrati agli animali nello stabilimento emiliano di Amadori, uno dei più grandi produttori di salumi in Italia, qualcosa si è mosso. Da una interrogazione parlamentare del M5S alla Camera a una petizione al Ministro della Salute sempre sul social network che abbiamo sottoscritto e rilanciato in rete, che auguriamo che il Ministro prenda seriamente in considerazione.

Ci vuole una volontà politica che ci auguriamo emerga in diverse forze politiche anche trasversali (Vittoria Brambilla se ci sei batti un colpo) che metta in discussione le lobby potenti degli allevatori che naturalmente negano di disattendere la legge. Per l’agricoltura abbiamo centinaia di piccoli agricoltori di nuova generazione che non aspettano altro che essere aiutati a produrre biologico.

Re Nudo come Associazione di Promozione Sociale cercherà di fare la sua parte, anche con il vostro aiuto attivandovi nei vostri ambiti e/o anche iscrivendovi alla nostra associazione perché possa avere risorse da destinare a questa campagna.
La rivista da sola non basta.

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