93. Fatti per vendere: l’arma di distrazione di massa

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Ho seguito come milioni di italiani, e forse con più emozione di tutti, le vicende della squadra italiana ai campionati del Mondo. Ho gioito come quasi tutti gli italiani per la vittoria sofferta nella finale con la Francia. La mattina seguente mentre mi preparavo per andare a Milano ad una conferenza sull’India mi chiedevo “chissà che spazio daranno i quotidiani a questo evento”. Mi dicevo  “una cosa così, anche se sportiva, dovrebbe avere il titolo principale in prima pagina e l’apertura delle prime tre o quattro pagine”. Alla stazione ho comprato i principali quotidiani nazionali, avevo in mente di prendere anche La gazzetta dello Sport per avere qualche notizia più particolare o dettagliata ma ho capito subito che sarebbe stato inutile: tutti i principali quotidiani italiani Repubblica, Stampa, Corriere erano diventati quel giorno quotidiani sportivi.

Tutta la prima pagina di Repubblica era solo calcio, senza neppure quelle foglie di fico che il  Corriere della Sera e la Stampa dedicavano in un riquadro in basso a destra alla non partecipazione del Presidente spagnolo Zapatero alla Messa di papa Ratzinger in visita in Spagna.
Non solo, sfogliando una dopo l’altra le pagine due, tre, quattro, dieci, quindici… tutte solo calcio. A Repubblica il record: venti. Non volevo credere ai miei occhi ma era così, per i più prestigiosi quotidiani italiani questa notizia è stata passata come la più importante notizia in assoluto mai registrata su carta. E cioè più importante dell’11 settembre, più importante di qualunque altro evento, della morte dei grandi della storia che hanno segnato gli ultimi secoli,
dello tzunami che ha devastato nazioni e cancellato vite. Niente a mia memoria ha avuto tanto spazio quanto la vittoria dell’Italia calcistica.
Unico lebile segnale le vignette controcorrente di Giannelli pubblicate sul Corriere prima della finale che recitava quell’ “arma di distrazione di massa”  che abbiamo ripreso come titolo di questo editoriale.

C’è da riflettere su questo episodio. Forse, se nella rappresentazione scenica di questa società italiana i media si propongono come la parte più cosciente che sceglie le notizie, informa, forma un’opinione, critica il qualunquismo, l’astensionismo elettorale, invita alla partecipazione, allora, forse non si dovrebbe più pensare ad una tragedia ma forse ad una farsa tragica dove i valori, la proposizione, il relativo, l’equilibrio non esiste più.
E questa è una cattiva notizia ma su cui varrebbe la pena di riflettere un po’!

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