RICORDARE ROSTAGNO
Presto inizierà il processo contro i mafiosi che uccisero Mauro Rostagno. Ci auguriamo ora finisca il silenzio sul suo nome nelle commemorazioni ufficiali dei caduti nella lotta alla mafia.
Dieci anni fa, pubblicammo un libretto “Delitto Rostagno” in cui si riportava la testimonianza resa al magistrato, di un giornalista investigativo, Sergio Di Cori. Il teste diceva che Rostagno era stato ucciso dalla mafia con complicità in ambienti massonici, politici, finanziari legati al traffico d’armi. Era l’epoca in cui anche giornalisti di primo piano come D’Acanzo di Repubblica avevano accreditato la tesi dell’allora Procuratore Garofalo che si trattasse di un delitto nato nella comunità di Saman per gelosie e risentimenti personali.
Ora, poco prima che tutto andasse in prescrizione, c’è stato il rinvio a giudizio di alcuni mafiosi, a firma del P.M. Antonio Ingroia della Direzione Antimafia di Palermo. Un fatto importante che fuga le ultime ombre che Procura di Trapani e stampa avevano gettato sulla moglie di Mauro,Chicca Roveri, che, insieme al dolore per la morte di suo marito, dovette subire anche le insinuazioni di una sua complicità nell’omicidio.
E così l’antimafia di Palermo ha individuato il livello mafioso dell’omicidio, seguendo la pista indicata da Di Cori. Certo, difficilmente si riuscirà a colpire i livelli più alti e altri dell’omicidio, ma ciò che avvenuto è un fatto di grande importanza per la verità storica. Mauro Rostagno in quel periodo era il giornalista più coraggioso d’Italia, che ogni giorno, per anni, da una televisione locale ha denunciato fatti e persone implicate in episodi di mafia e da ultimo in una inchiesta che portava ad un traffico d’armi con la Somalia di cui aveva filmato il traffico in un video girato in un piccolo aeroporto dismesso. Video che poi sparì dalla sua stanza durante una perquisizione dei carabinieri locali.
La vita di Rostagno, giornalista televisivo, era stata la conclusione di una vita tutta spesa generosamente per cambiare il mondo e se stesso, dall’università di Trento dove partirono nel ’67 le prime lotte studentesche, a Lotta Continua di cui fu leader nazionale, poi sfidando il giudizio dei suoi ex compagni con la sua scelta di diventare Sanatano dopo il suo viaggio a Poona e poi ancora dedicandosi al recupero dei tossicodipendenti nella Comunità di Saman, da dove iniziò la collaborazione con la televisione locale.
Eppure, in tutti questi anni dopo l’omicidio, quando le più alte cariche istituzionali dello Stato citavano i delitti di mafia, ricordando giudici e giornalisti caduti nell’adempimento del loro dovere, mai è stato ricordato il nome di Mauro Rostagno, per via di quelle ombre infamanti che Procura di Trapani e giornalisti famosi e autorevoli avevano gettato sulle cause della sua morte.
Ora, con la svolta del rinvio a giudizio degli esecutori e mandanti quando a settembre ricorrerà l’ennesimo anniversario del suo assassinio e forse inizierà il processo ai mafiosi, ci auguriamo che qualcuno lassù nel Palazzo delle Istituzioni ridia dignità alla propria funzione, cancellando questa vergogna,ricordando per la moglie, per la figlia, per tutti coloro che l’hanno conosciuto,per la futura memoria delle nuove generazioni, la figura di questo splendido uomo che ha trascorso la vita e incontrato la morte denunciando soprusi e ingiustizie esponendosi sempre in prima persona, con un fuoco e una passione dentro, carica di un amore per la vita e per gli altri che ho incontrato raramente