Impeccabile sintesi della vita di un grande uomo. A cura di Marianna Panico
Il 27 ottobre 1962, veniva assassinato Enrico Mattei. Una piccola carica di tritolo venne piazzata sull’aereo che lo stava portando dall’aeroporto di Catania Fontanarossa a quello di Linate.
Venne assassinato con la complicità di uomini di Stato italiani e su mandato di un Paese tra Regno Unito, Stati Uniti e Francia.
Quando nel 1945 gli venne affidata l’AGIP per liquidarla regalandola ai privati, si oppose. Non solo mantenne l’AGIP un’azienda di Stato, ma nel 1953 creò l’ENI.
Permise all’Italia di diventare una protagonista dell’energia a livello mondiale perseguendo la sovranità energetica del Paese che si sentiva onorato di servire.
Si schierò, in Africa e Medio Oriente, sempre dalla parte delle popolazioni oppresse dal colonialismo occidentale traendone al contempo grandi vantaggi per l’Italia.
Rifiutò di fare cartello con le 7 sorelle che volevano aumentare i prezzi energetici per aumentare i profitti sulle spalle dei cittadini.
Stipulò contratti con i Paesi africani e medio-orientali trattandoli sempre come partner alla pari.
Strinse accordi con Iran, Libia, Egitto, Giordania, Tunisia, Libano e Marocco.
Nel 1960 volò in Unione Sovietica per stringere accordi commerciali.
Grazie a lui abbiamo avuto benzina, gas e petrolio ai prezzi migliori di tutta Europa.
In un cablogramma dell’intelligence inglese dell’agosto del 1962 (pochi mesi prima del suo omicidio), viene riportata una conversazione con un politico italiano in cui disse «Ci ho messo 7 anni per condurre il Governo italiano verso una apertura a sinistra. E posso dirle che mi ci vorranno meno di 7 anni per far uscire l’Italia dalla NATO e metterla alla testa dei Paesi neutrali».
L’intelligence americana lo riteneva un pericolo mentre la stampa a stelle e strisce lo chiamava traditore.
Venne minacciato di morte dall’OAS, un gruppo paramilitare francese di estrema destra contrario all’indipendenza delle colonie africane e finanziato dalla Cia in chiave anti-comunista.
Aveva nemici all’interno delle massime cariche italiane. Anche nel mondo cattolico da cui proveniva. Come Giulio Andreotti, all’epoca ministro dell’interno, e Don Sturzo, braccio politico-ecclesiale americano in Italia.
Aveva nemici dentro l’ENI. Il braccio destro di Mattei all’ENI, Eugenio Cefis, ex ufficiale del Sim (Servizi informazione militare) che aveva rapporti con l’Oss durante la guerra e con la Cia successivamente. Venne cacciato dallo stesso Mattei pochi mesi prima della sua morte. Ne divenne però presidente subito dopo il suo assassinio.
La sua morte è costellata di omissioni e misteri.
Come l’intervista del contadino Mario Ronchi rilasciata a RaiUno in cui dichiarava di aver visto e sentito un’esplosione in cielo prima dello schianto dell’aereo su cui viaggiava Mattei. Intervista il cui audio venne cancellato. Dichiarazioni che vennero ritrattate dallo stesso Ronchi assunto poi dall’Eni di Eugenio Cefis (che diede lavoro anche alla figlia).
Come la morte del giornalista Mauro De Mauro inviato in Sicilia dal regista Francesco Rosi per ricostruire gli ultimi giorni di vita di Enrico Mattei.
Come la morte di Pier Paolo Pasolini che stava lavorando a un romanzo, “Petrolio” in cui parlava dell’ENI, della morte di Mattei, della scalata al potere del suo successore Eugenio Cefis e della politica italiana fino alla metà degli anni Settanta.
Nelle conclusioni al processo che sancì al di là di ogni ragionevole dubbio che quello di Enrico Mattei fu un omicidio, l’allora PM di Pavia, Vincenzo Calia, scrisse “la programmazione e l’esecuzione dell’attentato furono complesse e comportarono […] il coinvolgimento di uomini inseriti nello stesso ente petrolifero e negli organi di sicurezza dello Stato con responsabilità non di secondo piano”.
«Non voglio essere ricco in un Paese povero».
Enrico Mattei era un patriota, era un cattolico ed era un socialista.
Venne ritenuto colpevole di perseguire la sovranità italiana e di combattere il colonialismo occidentale trattando i Paesi africani e medio-orientali come partner commerciali alla pari.
Marianna Panico