La seconda fase: un servizio militare antagonista

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Sono uscito dal carcere militare di Gaeta, scontata la condanna di tre mesi e venti giorni, inflittami dal Tribunale militare, per aver rifiutato la divisa. Era il 29 settembre 1967. Mi è rimasta impressa la data perché ricordo che cantai felice la canzone dell’Equipe 84 intitolata proprio 29 settembre. “Mi son svegliato e…” Uscivo dal carcere ben sapendo che presto avrei di nuovo perso la libertà, sia pure iniziando una nuova fase di denuncia e lotta alla struttura militare. La prima fase era stata l’obiezione di coscienza politica denunciando l’inciviltà di un Paese che non dia la possibilità ai cittadini di servire la collettività senza armi. La seconda fase sarebbe incominciata presto quando nuovamente avrei ricevuto la chiamata.

Sapevo che mi avrebbero riproposto la divisa e che avrei accettato, portando all’interno della struttura le nostre idee antimilitariste. Non sapevo ancora come, ma sapevo il perché. Stava iniziando una fase di lotta più difficile e rischiosa. Quando in Onda Verde decidemmo di procedere con la mia obiezione simbolica, sapevo che avrei dovuto pagare con qualche mese di carcere, massimo un anno. Ma lottare all’interno dell’esercito, era invece una incognita. Bisognava inventare una pratica clandestina, senza poter avere una quantificazione dei rischi.

Fui mandato a Monza e fui assegnato, ricordo, al lavoro d’ufficio nella compagnia del capitano Baldrati, un uomo burbero e schietto, militarista convinto che però mi mostrò rispetto e stima per aver scelto di pagare di persona un prezzo necessario per far valere le mie idee. Ovviamente idee che non condivideva e fu molto chiaro nel suo approccio: “Valcarenghi, qui sarai trattato come tutti gli altri, non ci sarà nessun accanimento contro di te. Ma se commetterai reati, te ne tornerai dritto a Gaeta”. Un approccio che in qualche modo il capitano lasciava intendere come la mia permanenza lì non sarebbe stata normale. E aveva ragione. Anche se tante cose della mia attività interna illegale, non le seppe mai.

Lui non seppe mai delle riunioni clandestine che avrei organizzato con altri militari di leva, per opporsi alle angherie dei commilitoni “anziani”, o per organizzare piccole azioni di sabotaggio o confronti di idee, non seppe mai degli incontri con “i proletari in divisa” di Lotta Continua, non seppe mai chi fu a mettere chili di zucchero nei serbatoi dei carri armati, non seppe mai della mia partecipazione con altri militari, inquadrato nei cortei, protetto dal servizio d’ordine…venne solo a sapere delle mie numerose fughe notturne, scavalcando il muro di cinta e tornando all’alba per il contrappello. Fughe che mi costarono sessanta giorni di cella di punizione dura sul tavolaccio di legno, grande scuola di resistenza e di vita.

Non si sarebbe poi mai immaginato che una volta terminata la leva, avrei scritto l’articolo che ho ritrovato nei giorni scorsi in un vecchio folder e che qui vi propongo. Non ricordo se pubblicato da Men o ABC, due settimanali dell’epoca. Non si sarebbe potuto immaginare che a seguito di questo articolo, si sarebbe verificato un terremoto nel reggimento di Monza con trasferimenti dei comandanti in Sardegna e inchieste interne. Io lo seppi da Nello Venanzi, il figlio di un senatore del PCI che iniziò il servizio militare quando io lo terminai. E mi raccontò del “casino immane” che avevo creato. Certo, nell’articolo non avevo descritto i reati commessi, ma nello stile provocatorio di Onda Verde e dei provos, avevo messo in berlina la struttura militare stessa, descrivendo come fosse facile occupare e disarmare la Caserma in cui mi avevano costretto.

Volevano obbligare tutti a sottostare ad una Legge che non riconosceva il Diritto all’obiezione di coscienza e al diritto ad un servizio civile? Volevano destrutturare le coscienze dei ventenni ribelli per obbligarli a subire un condizionamento e una “formazione” ligia all’obbedienza?Volevano obbligarci a subire la logica gerarchica vessatoria che di grado in grado, arrivava a imporre angherie anche alle reclute da parte dei militari di leva “anziani”, in procinto di tornare a casa? Bene si erano così accorti che qualcuno aveva minato gli ingranaggi di quel sistema.

E così il “nonnismo” vessatorio fino a quel momento tollerato benevolmente dalle gerarchie fu messo sotto inchiesta e soprattutto, il Parlamento dopo pochi anni avrebbe votato la prima, sia pur timida Legge che riconosceva il servizio Civile alternativo a quello militare. Si sarebbe entrati ​in una nuova fase di conquiste civili in questo Paese. E io sono felice di averne preso parte con le mie disobbedienze.

Lo dico a Massimo Cacciari: non è vero che bisogna obbedire alle Leggi ingiuste fino a quando non vengono cambiate, come lui ha detto.
A volte, per potere cambiare delle Leggi ingiuste, è necessario disobbedire, certo, pagandone il prezzo.

 


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