Spesso amici lettori ci hanno detto o scritto che quello che si legge su Re Nudo raramente lo si può leggere altrove. Alcuni di loro non a caso hanno già aperto la sottoscrizione per salvare la rivista. Questo è un fatto.
A febbraio un gruppo di studenti di Siena ci ha chiesto di intervenire ad una loro assemblea per parlare della libertà di stampa in Italia nell’esperienza di Re Nudo, anche se, curiosamente, pochi di loro conoscevano la rivista. Questo è un altro fatto. Apparentemente non ci sono nessi tra i due fatti, salvo la coincidenza che mentre stavamo preparando il lancio della sottoscrizione per Re Nudo siamo stati invitati a questa assemblea per parlare di un argomento inusuale quale la libertà di stampa e di pensiero. In una democrazia, infatti, affrontare questo argomento garantito dalla Costituzione, potrebbe sembrare paradossale. Ma a livello più sottile non lo è, come a livello più sottile esiste un nesso tra i due fatti che hanno dato spunto a questo scritto. Non intendo dire nulla di teorico ma solo citare e riflettere su due servizi pubblicati sugli ultimi due numeri di Re Nudo.
Sulla rivista di novembre/dicembre, abbiamo pubblicato un documento fuoriuscito dalla Cina a cura di un un gruppo di intellettuali cinesi e trasmessoci da un dirigente sindacale della CISL. Vi ricordate? Abbiamo anche dedicato la copertina a questo servizio. Si diceva come in Cina dai tempi di Mao a oggi siano stati ammazzati oltre sette milioni di cittadini cinesi dissenzienti. Il documento descriveva un sistema tanto mostruoso e capillare quanto perfetto e silenzioso. In occidente era emerso qualcosa di tutto ciò, ma circoscritto al periodo della Rivoluzione Culturale attribuito poi agli eccessi della Guardie Rosse e non al corpo del Partito Comunista come invece documentano i dissidenti. Non vi sembra questa una notizia? Lo è, ma forse più forte della libertà di stampa in democrazia può essere il Mercato e il suo potere. La Cina rappresenta un mercato talmente decisivo per l’Occidente che si può pensare ad una legge non scritta nei grandi giornali per non offendere la diplomazia cinese. Di questo problema ne abbiamo avuto spesso prova per la questione Tibetana, che pur essendo una questione particolare ha ancora difficoltà a trovare spazio sulla stampa, non tanto per l’immagine del Dalai Lama, ma quanto per quel che riguarda la documentazione delle torture e degli omicidi.
Un secondo esempio riguarda l’ultimo numero di Re Nudo. La notizia era la risoluzione dell’ONU su cultura della pace e meditazione, con il suggerimento ai governi nazionali di istituire Ministeri ad hoc per la pace che assumano un nuovo principio per conseguire la pace nel mondo: non ci può essere pace tra i popoli e gli Stati senza il raggiungimento della pace interiore. Principio nuovo per l’Onu, non certo nuovo per la spiritualità orientale, ma il fatto nuovo e quindi la notizia, era ed è che un congresso politico di tale prestigio internazionale assumesse un principio così forte della cultura orientale rilanciandolo ai governi del mondo. Ma voi avete letto qualcosa sulla grande stampa? No, e perché? Perché esiste una dittatura monoculturale che domina tutta la stampa e i mezzi di comunicazione, per cui ogni questione che riguarda la cultura orientale viene relegata nelle pagine di costume o di ‘colore giornalistico’ oppure non trova spazio. Ora, una risoluzione dell’ONU non può essere pubblicata nelle pagine culturali e non è una notizia su cui si possa fare ‘colore giornalistico’, perché è una notizia politica che riguarda la massima autorità di governo del pianeta. Non a livello di potere evidentemente, ma a livello formale è così. Ed è così che questa notizia non viene pubblicata.
Riflettendo su questi due esempi, si capisce il senso sottile di che significa libertà di stampa in democrazia o meglio in questa democrazia incompiuta in cui ci è dato vivere. Rispetto l’unicità della rivista (vedi titolo) è chiaro che va letta sotto l’aspetto che fin qui abbiamo descritto, non certo nel senso della qualità e della completezza. Sotto questo aspetto sappiamo bene che molto c’è da fare, se ci consentirete di continuare a produrre questo giornale.